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Temu, il pericolo dietro l’app più famosa del momento

“Fare shopping come un milionario” è il sogno di molte persone e Temu lo sta rendendo possibile. Il vero prezzo è molto più nascosto.

In un periodo in cui i prezzi dei prodotti hanno raggiunto cifre mai viste prima, le persone sono alla costante ricerca di negozi o app che possano offrire loro prezzi e sconti vantaggiosi. Da qualche mese è diventata popolare anche in Italia un app che offre praticamente solo prodotti a prezzi stracciati: Temu.

Come funziona esattamente l’app Temu e come giustifica i prezzi così bassi – Applebites.it

La popolare app ha dichiaratamente l’obiettivo di permettere ai suoi utenti di “fare shopping come fossero milionari“. E, in effetti, su Temu si possono trovare delle offerte mai viste prima. Quando è arrivata sul mercato, l’app ha generato diversi dubbi tra gli utenti.

Ma dopo che i primi ad usarlo si sono visti arrivare collane “d’oro” a un dollaro o cinque paia di calzini a 1,69 dollari, tutti gli altri hanno presto dimenticato le loro reticenze e si sono abbandonati allo shopping conveniente. Dimenticando completamente i rischi che si corrono quando si usano app di questo tipo.

Temu ha un business ben preciso: quello dei dati

I primi dubbi sull’app sono sorti dopo che l’esperta di tecnologia Kim Komando ha fatto delle ricerche sull’azienda che sviluppa l’app. Temu è di proprietà della PDD Holdings, una compagnia che per un orecchio occidentale suona totalmente nuova, ma che gli utenti orientali conoscono molto bene.

Le app che offrono prezzi stracciati come Temu dovrebbero far sempre sorgere qualche dubbio negli utenti – applebites.it

La PDD aveva curato lo sviluppo anche di “Pinduoduo”, un’app che era divenuta molto popolare in Cina e che aveva lo stesso obiettivo di Temu: offrire prezzi bassi ai consumatori. In quel caso, però, il commercio riguarda prodotti agricoli. Ed è proprio da Pinduoduo che la Komando è partita per spiegare i pericoli di Temu.

Pinduoduo è diventata in poco tempo una delle app più scaricate in Cina. Google invece, l’ha totalmente bannata dai suoi sistemi perché ha rilevato nel suo codice di sviluppo una componente pericolosa, che mette seriamente a rischio i dati degli utenti. In particolare, l’app era in grado di scovare e trattenere dati sensibili ben oltre quelli che le venivano concessi, tra cui profili sui social media, la posizione GPS e le abitudini d’acquisto.

Dopo che Google comunicò al mondo la sua scoperta su Pinduoduo, la PDD Holdings dichiarò di aver allontanato gli sviluppatori che si erano occupati di Pinduoduo. Ed è proprio qui che nasce il problema: dove lavorano adesso quegli sviluppatori? La maggior parte di loro lavora proprio a Temu. Una strana coincidenza, che sembra quasi una conferma dei sospetti sull’operato dell’app.

Secondo molti osservatori occidentali, la Cina è attualmente nel mezzo del più grande sforzo di raccolta dati che il mondo abbia mai visto. Nel 2017, infatti, il Partito Comunista Cinese ha approvato una legge che impone a tutte le aziende di consegnare qualsiasi dato che possa essere utile alla sicurezza nazionale.

La Komando ha anche provato a spiegare come funziona il business di Temu. Secondo le sue analisi, l’app lavora costantemente in perdita: non riceve nessun guadagno dai prodotti che vende. Questo perché ha un’altra fonte di guadagno: i dati. Questi dati possono poi essere rivenduti a un prezzo di gran lunga superiore rispetto a quello del prodotto acquistato dell’utente.

Nessuno probabilmente saprà mai la verità dietro a tutto questo. Come sempre, però, quando ci si trova davanti a questo tipo di offerte bisognerebbe ricordare la regola d’oro di Internet: se non paghi per un prodotto, è perché tu sei il prodotto. E sembra che, nel caso di Temu, questa regola non potrebbe essere più vera.

Paolo Pontremolesi

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